Marìa Ingrid Garcìa-Jonsonn
Amparo Véronica Echegui
Pablo Fernando Guallar
Massimiliano Giuseppe Maggio
Celedonio Pedro Casablanc
Chimo Fernando Tejero
Ismael Carlos Hipòlito
Rosa Natalia Millàn
Lucas Fran Morcillo
Sceneggiatura:
Eduardo Navarro, David Esteban Cubero, Nacho Alvarez
Genere:
Commedia musicale
Trama:
Una sposa in fuga dal Bel Paese sbarca nella Spagna franchista degli anni Settanta. Alle spalle uno fidanzato italiano, addosso un abito di Valentino, all'orizzonte il sogno della vita: ballare in televisione. Ma le cose non saranno così facili per Maria che dovrà adattarsi alla censura che soffoca libertà e 'costumi', letteralmente. Gli abiti di scena devono rispettare la lunghezza regolamentare, nessuna scollatura, nessuna coreografia oscena che possa offendere il pubblico e il generalissimo Franco. Ma Maria non ci sta e a colpi di "tuca-tuca" abbatterà i retaggi del regime.
Le intenzioni sono senz'altro buone, rintracciare le condizioni critiche della televisione spagnola, minacciata dall'incombente presenza dei censori che soltanto quarant'anni fa operavano per conto del regime franchista.
Il soggetto altrettanto, parafrasare la grande signora della televisione italiana che in quegli stessi anni cambiava i codici del medium liberando con l'ombelico, i movimenti e i costumi. Ma l'ombelico di Raffaella Carrà è "cosa sacra e seria da salvar". Fu un costumista della RAI, quando l'ente italiano dei programmi radiofonici e televisivi sapeva davvero essere rivoluzionario, a 'disegnare' quella intuizione nata osservando le ragazze passeggiare d'estate col ventre scoperto.
La Carrà, con un colpo di testa e uno di spazzola, decise di mostrarlo e di mostrare agli italiani che i tempi erano davvero maturi per fare "l'amore da Trieste in giù". Della sfrontatezza di quel gesto artistico, che liberava la televisione dal carcame della censura (democristiana), nel film di Nacho Álvarez non c'è traccia. Le celebri canzoni dell'artista italiana, mille volte intese, si piegano alle regole di un musical iberico naïf, richiamando pigramente una situazione o un'altra: da "Luca" a "Rumore", passando per "A fare l'amore comincia tu".
Il décor vintage poi non aiuta se non si trovano la 'tridimensionalità' e le geometrie. Ballo Ballo risulta un collage di quadri inerti contro cui si infrange un cast senza energia e 'senza voce'. Commedia musicale 'fuori sync', i doppiatori cantano (male) in italiano sopra agli attori che cantano (forse bene) in spagnolo, Ballo Ballo spreca la cifra metalinguistica, quella di Cantando sotto la pioggia per capirci, rispolverando un particolare momento traumatico per la Spagna e la cultura spagnola. In una delle scene finali, la stessa Raffaella appare in uno splendido cameo.